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Conclusioni milanesi per Milano 1° dicembre 2023 – II parte

Home - Articoli di approfondimento - Conclusioni milanesi per Milano 1° dicembre 2023 – II parte

12 Febbraio 2024 by marabini_federica

VIAGGIO ALL’INTERNO DELLA NEGOZIAZIONE

in tre tappe, Firenze, Venezia, Torino e una destinazione, Milano

Conclusioni milanesi per Milano 1° dicembre 2023 – II parte

Siamo giunti alla conclusione del Viaggio all’interno della negoziazione in cui relatori e partecipanti si sono immersi nel mondo della giustizia consensuale, entrando nel vivo della negoziazione, analizzando quel che accade all’interno di ciascuna ADR. Si è ragionato sul rapporto tra professionisti che siedono al tavolo, sulla relazione tra questi ultimi e le parti, su ciò che viene richiesto ai soggetti in conflitto per prendere parte al processo di negoziazione e sui requisiti formativi degli esperti che li accompagnano.  

L’idea che un accordo raggiunto dalle parti sia preferibile a una soluzione calata dall’alto è largamente condivisa tra i partecipanti e nel corso degli incontri se ne sono analizzate le ragioni: affidare a un terzo l’onere di decidere torti e ragioni, può corrispondere a una deresponsabilizzazione delle parti che ha importanti ricadute dal punto di vista personale, nella relazione tra i soggetti coinvolti nel conflitto e anche nel contesto sociale in cui esso si genera e si sviluppa.

In una brillante metafora riecheggiata nelle diverse tappe del viaggio, la Prof.ssa Paola Lucarelli ha assimilato il valore della giustizia alla preziosità dell’acqua: così come l’educazione ad un uso parsimonioso di questa risorsa consente la partecipazione collettiva alla salute del pianeta, la responsabilizzazione delle parti nella risoluzione dei conflitti è un elemento essenziale per la tutela del buon funzionamento della giustizia. In quest’ottica, il dialogo, il confronto e la collaborazione, come strumenti per la risoluzione dei conflitti acquistano un’importante funzione sociale e il loro utilizzo assume la portata di un valore universale.  

All’improvviso nel dibattito un intervento interrompe il flusso delle riflessioni, sino a quel momento confluite in una stessa direzione: ‘Litigare è bello!’ ‘Che ne è del piacere di confliggere?’ chiede il Prof. Carlo Regis, commercialista, mediatore e arbitro nelle controversie commerciali e societarie. 

Il piacere di confliggere. Cosa motiva una persona a rinunciare a questo piacere in favore dell’impegno a collaborare? 

Per rendere effettivo l’approccio ai conflitti auspicato dalla Riforma Cartabia, per realizzare sempre più risoluzioni consensuali e dare vita a forme di prevenzione dei conflitti, occorre rispondere a questa domanda, identificare il motore di questo cambiamento culturale cercandolo nella motivazione e nella partecipazione di tutte le figure coinvolte.

Quali sono i presupposti per poter stare in un contenzioso responsabilmente? Esiste un piacere derivante dalla collaborazione?

Alcune teorie sul conflitto descrivono fasi che si susseguono idealmente lungo una curva più o meno morbida a seconda della dinamica conflittuale: alla prima fase di ostilità latente, spesso determinata da esigenze, valori o interessi divergenti, seguono eventi o circostante che rafforzano la contrapposizione, determinando scontri che portano alla fase acuta del conflitto. Ne segue una fase di stallo che è la premessa ad un successivo tempo che può portare ad esiti differenti a seconda del caso: il conflitto può cristallizzarsi prendendo il posto della relazione stessa, dando forma a quelli che il Prof. Vittorio Cigoli chiama ‘legami disperanti’, oppure, tra le discrepanze, nella separatezza tra le parti, iniziano a intravedersi elementi della storia pregressa, interessi comuni, punti di convergenza che portano i soggetti coinvolti a dare avvio a un’elaborazione, a un processo di negoziazione che avviene tra se e sé e con l’altro. 

Questo passaggio costituisce un punto cruciale nella dinamica della risoluzione dei conflitti: si tratta del momento in cui l’avversario, la persona o le persone in cui si è identificato tutto quel si vorrebbe escludere, allontanare, eliminare, diviene un interlocutore. 

Si tratta di un passaggio decisivo che ha un corrispettivo nell’esperienza clinica. Nel corso di una psicoterapia esiste un momento, che costituisce un punto di svolta e determina un inizio, in cui le accuse e le rivendicazioni prendono la forma di una domanda. Altro entra a far parte del discorso muovendolo, ispirandolo, provocandolo, divenendone parte essenziale. La persona comincia ad ascoltarsi e ad ascoltare, le riflessioni non si concludono più tra sé e sé e i rapporti non restano circoscritti ad un tu per tu ma comincia ad esistere Altro. Inizia così una ricerca che coinvolge parti di sé sino a quel momento ignorate, evitate o nascoste; perchè questo avvenga è necessario un luogo protetto, uno spazio di fiducia dato dalla relazione terapeutica in cui diviene possibile esprimere e prestare ascolto a ciò che fino a quel momento si è considerato inaffrontabile, inconcepibile, impensabile.

Questo spazio di protezione è necessario anche quando ci si trova al tavolo con persone in conflitto che hanno condiviso esperienze significative o parti di vita importanti e vorrebbero dichiararsi estranei, cancellare la storia e identificare la propria riuscita con la sconfitta dell’altro. Il piacere di confliggere, menzionato sopra, corrisponde alla volontà di eliminare parti che non si è disposti a riconoscere come proprie e che vengono attribuite e riposte nell’altro ridotto a nemico e ad avversario.  

Comincia ad intravedersi una risposta alla domanda del Prof. Regis: per abbandonare il piacere di confliggere, per vincere la tentazione di sbarazzarsi dell’altro, occorre creare un ambiente protetto che consenta l’incontro con l’altro, che permetta di sperimentare ed apprezzare l’arricchimento che deriva dall’ascolto e dalla collaborazione.

Negoziare, come ha avuto modo di dire nel corso dei suoi interventi il Prof. Angelo Monoriti, è apprendere, scoprire, imparare. Negoziare significa sperimentare il piacere di lasciare le posizioni in cui a lungo ci si è radicati, per esperire il piacere di muovere un passo oltre e scoprire qualcosa che mai ci si sarebbe immaginati di incontrare. 

Affinché il piacere di confliggere ceda il posto al piacere di collaborare, occorre crearne le condizioni.

Dopo aver studiato le dinamiche osservate in certe situazioni in cui, spontaneamente, si creavano virtuosi meccanismi di collaborazione, Stew Webb, ideatore della Pratica Collaborativa, decise di ricrearli deliberatamente sistematizzandoli in un metodo. Nell’Accordo di partecipazione si stabiliscono regole dettate dai principi ispiratori di buona fede, fiducia e trasparenza che vengono condivise da tutte le figure coinvolte al tavolo, parti e professionisti insieme, ugualmente impegnati nella ricerca e costruzione di soluzioni sostenibili, che tengano conto e preservino il valore delle relazioni in gioco. 

La creazione di condizioni che consentano l’ascolto e l’esplorazione degli interessi propri e altrui, che promuovano il confronto ed incentivino soluzioni creative in cui si realizzino gli interessi di tutte le parti coinvolte nel conflitto, costituisce il compito e l’obiettivo di tutte le ADR. 

Per realizzarlo occorre che i professionisti parlino la stessa lingua, siano formati alla negoziazione, acquisiscano esperienza nel lavoro interdisciplinare, in modo che ciascuno possa mettere la propria competenza a servizio della risoluzione del conflitto. 

A pensarci bene, si tratta di una formazione che sarebbe auspicabile trasversalmente, collettivamente, universalmente a partire sin dai primi anni di scolarizzazione: formare una generazione di nativi negoziatori porterebbe alla realizzazione di quel progetto che vede i cittadini tutti responsabili, partecipi ed artefici del funzionamento della giustizia. 

Categoria: Articoli di approfondimentoTag: AIADC, ascolto, avvocati, consensuale, dirittodifamiglia, divorzio, negoziazione, praticacollaboratica, Professionisti, rispetto, separazione, sostenibilità, Squadra collaborativa

Autore

  • marabini_federica
    marabini_federica

    Psicologa Psicoterapeuta di formazione psicoanalitica

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