Lo scorso 25 ottobre, si è tenuto il secondo appuntamento del ciclo “Incontri tra visionari”: ciclo dedicato al confronto con professionisti che, pur non essendo professionisti collaborativi, condividono i principi e i valori che caratterizzano la Pratica Collaborativa.
In occasione dell’incontro del 25 ottobre abbiamo avuto modo di conoscere l’Avv. Paola Baldassarre del Foro di Torino, Presidente del Consiglio Direttivo dell’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Torino e coordinatrice della commissione ADR del COA di Torino. Paola Baldassare è Iscritta all’Albo degli Esperti della composizione negoziata della crisi d’impresa. E appunto in considerazione dell’esperienza maturata in questo suo ruolo, abbiamo avuto con lei uno stimolante confronto sulle finalità e sulle eventuali criticità di questo strumento di gestione della crisi d’impresa che, per i non addetti ai lavori, è disciplinato agli artt. 12 – 25 quinquies D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 s.m.i., e sugli eventuali punti di contatto con la Pratica Collaborativa.
Il dialogo è stato vivace e sono emersi diversi spunti di riflessione che di seguito riporterò in sintesi. Innanzitutto, abbiamo domandato a Paola, come faccia a fare convivere le due anime che sembrano essere presenti nel suo percorso professionale: ed infatti, da un lato, lei si è originariamente formata come processualista, e, nel corso degli anni, ha acquisito una consolidata esperienza nell’ambito del “diritto fallimentare”; dall’altro, come ricordato sopra, è anche coordinatrice della commissione ADR presso il COA di Torino ed anche Presidente del Consiglio Direttivo dell’Organismo di Mediazione dell’Ordine degli Avvocati di Torino. Lei ci ha risposto che, anche sotto il profilo caratteriale, è da sempre propensa ad assumere un approccio costruttivo e finalizzato a trovare una composizione bonaria che possa soddisfare le esigenze delle parti coinvolte, piuttosto che avere un atteggiamento avversariale che, alla fine, rischia di scontentare tutti. Ed è questo l’approccio che, per quanto possibile, cerca di adottare anche nei casi in cui è nominata esperto indipendente nell’ambito di composizioni negoziate della crisi. In tale contesto, l’esperto è sì un professionista con competenze specifiche ma è anche un facilitatore (imparziale e indipendente), che agevola le parti nella trattativa e deve anche essere garante del suo corretto svolgimento. Deve saper gestire la comunicazione, tutelare la riservatezza, ma deve essere anche un esperto di piani e deve muoversi con facilità nel mondo dei bilanci. Il ruolo dell’esperto è assai delicato: come detto, è un soggetto super partes che deve agevolare le trattative tenendo però sempre a mente che non si può perdere tempo e bruciare cassa inutilmente. Ragion per cui la durata dell’iter della composizione negoziata è limitato (180 giorni salvo proroga di pari durata). L’esperto prosegue nell’iter di composizione negoziata se le trattative ci sono e sono concrete; a volte, poi, come ci ha detto Paola, le trattative possono avere un momento di “stasi” fisiologica ma si tratta, quasi sempre, di una stasi produttiva in cui le parti sistemano gli aspetti che ancora ostacolano il raggiungimento dell’accordo. L’esperto deve essere autorevole e allo stesso tempo creare un clima di fiducia; oltre a dover garantire la riservatezza delle informazioni acquisite a meno che non vi sia il consenso alla disclosure da parte del soggetto interessato.
L’apertura dell’iter di composizione negoziata dà vita ad una negoziazione multipartes in cui occorre individuare tutti gli stakeholders e i vari interessi da tutelare, sempre molto diversi (debitore / clienti, fornitori, creditori / banche /lavoratori). Paola ci ha riferito che solitamente lei fa riunioni introduttive separate in cui illustra le finalità dello strumento impiegato, vale a dire il raggiungimento di un obiettivo comune che consiste nel risanamento dell’impresa tutelando, per quanto possibile, gli interessi dei soggetti coinvolti; e ricorda altresì i doveri delle parti, richiamando le prescrizioni normative di cui agli artt. 4 e 16 del D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 s.m.i.
Una caratteristica essenziale della composizione negoziata è l’obbligo di collaborazione (oltre a quello di riservatezza e trasparenza). Abbiamo chiesto a Paola se, per quella che è stata la sua esperienza fino ad oggi, le sembra che lo spirito della composizione negoziata sia stato compreso e interpretato correttamente dalle parti e dai loro professionisti. Lei ci ha riferito che, a suo avviso, la collaborazione è un concetto che è “passato” anche se tutto dipende dalla forma mentis di chi ha di fronte. Soprattutto all’inizio capitava che l’imprenditore (soprattutto nel caso di istanze presentante senza l’ausilio di un professionista) fosse del tutto “digiuno” di qualsiasi nozione sull’iter della composizione negoziata, non era stato informato e non sapeva bene cosa sarebbe capitato innanzi all’esperto indipendente.
Altro tratto innovativo della composizione negoziata è anche l’obbligo di trasparenza (così come anche quello di riservatezza). Abbiamo chiesto a Paola se, nel richiedere trasparenza, le sia capitato di dover riferire e valutare anche le circostanze che possono determinare profili di responsabilità per amministratori e sindaci. Al riguardo, lei ci ha spiegato che in effetti, nel momento in cui l’esperto è chiamato a valutare l’equilibrio tra i sacrifici delle rispettive parti coinvolte e a giustificare le ragioni per cui la proposta dell’imprenditore è più vantaggiosa rispetto all’ipotesi della liquidazione giudiziale, in quel contesto egli deve dare conto anche degli eventuali ricavi di azioni di responsabilità e revocatorie. In un caso, in cui il ceto bancario dovendo portare la proposta in delibera aveva necessità di avere dettagli ulteriori, le è capitato che sia stato l’imprenditore a nominare un perito che ha quantificato gli importi degli eventuali ricavi delle azioni di responsabilità e revocatorie. A quel punto è emersa in modo evidente l’esigenza di contemperare l’obbligo di trasparenza con quello di riservatezza, e allora si è deciso – visto che la piattaforma lo consente – di creare cassetti contenenti informazioni e /o dati accessibili solo al ceto bancario.
All’esito dell’incontro è emerso in modo chiaro che così come la Pratica Collaborativa è un’opportunità anche la composizione negoziata della crisi può essere considerata tale: ed infatti, come illustratoci da Paola, questo innovativo strumento consente alle parti coinvolte di ottenere un risultato comune. La composizione negoziata deve, così ci ha detto Paola, “rendere tutti contenti”, contemperando i rispettivi sacrifici delle parti coinvolte: ed infatti, l’imprenditore otterrà il risanamento dell’azienda, i lavoratori il mantenimento della loro occupazione, i fornitori la prosecuzione dell’attività con l’azienda risanata etc. In questa prospettiva sono quanto mai evidenti i punti di contatto con quello che è l’obiettivo primario del risultato win win della Pratica Collaborativa.