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La negoziazione assistita: una scatola vuota da riempire con la Pratica Collaborativa

Home - Articoli di approfondimento - La negoziazione assistita: una scatola vuota da riempire con la Pratica Collaborativa

15 Dicembre 2015 by Marcucci Carla
Copertina generica degli articoli pratica collaborativa

L’introduzione della negoziazione assistita in materia di famiglia (D.L. n. 132/2014, convertito nella legge n. 162/2014), ad opera di un legislatore distratto (che dimentica i figli nati al di fuori del rapporto coniugale dopo averli poco prima assimilati, in unico status, a tutti gli altri) e di un governo mosso unicamente da intenti deflattivi, ha trasformato un’idea rivoluzionaria, rispetto al nostro ordinamento e alla nostra cultura giuridica, in una scatola vuota.

L’idea rivoluzionaria

Con la legge n. 162/2014 è stato completamente eliminato il controllo di carattere giurisdizionale, tipico di tutti i procedimenti familiari a domanda congiunta relativi alla disgregazione della famiglia, ed è stato introdotto un mero controllo di carattere amministrativo affidato, in prima battuta, al Procuratore della Repubblica – con il sistema del nulla osta o dell’autorizzazione – e, in seconda battuta, al Presidente del Tribunale, quando tale autorizzazione viene negata. Con ciò si è finalmente realizzato quel processo di privatizzazione del rapporto coniugale che ha avuto bisogno di anni di gestazione e si è riconosciuto valore all’autodeterminazione delle persone.

Perché una scatola vuota? 

Il principio, rivoluzionario, appunto, si è, però, concretizzato in un testo scritto male, che dimentica completamente i principi sostanziali che informano le ADR, a cominciare dalla necessaria attiva partecipazione delle parti; non si preoccupa di individuare le modalità concrete della negoziazione, se non prevedendo alcune lacunose formalità della procedura, foriere di contrastanti interpretazioni e di gravi sanzioni per gli avvocati, in caso d’inosservanza o di errata interpretazione; non garantisce un contesto di trasparenza e di effettiva riservatezza nella negoziazione; non si pone il problema che nasce dal possibile fallimento della negoziazione e dalla ammessa possibilità per i difensori che hanno assistito le parti durante il procedimento di negoziazione di continuare a rappresentarle nel giudizio contenzioso che seguirà; non richiede alcuna specifica formazione degli avvocati nonostante sia noto che negoziatori non ci s’improvvisa ma si diventa a seguito di percorsi formativi ad hoc.

La Negoziazione Assistita italiana, come già la procédure partecipative francese, purtroppo, rappresenta una pessima storpiatura della Pratica Collaborativa di cui ha disatteso i principi fondamentali: la trasparenza, la limitazione dell’incarico dato ai professionisti – al fine di raggiungere un accordo – e il divieto di successivo patrocinio in giudizio contenzioso, la previsione di una precisa coreografia della procedura, la negoziazione sugli interessi delle parti e la necessaria specifica formazione dei professionisti.

Proprio per queste ragioni, affinché la portata rivoluzionaria della negoziazione assistita non vada completamente smarrita e l’accordo di separazione (o di divorzio) raggiunto all’esito di essa non finisca per rappresentare un prodotto identico ad tradizionalissimo ricorso per separazione consensuale (o al ricorso congiunto per divorzio), con l’unica differenza di aver bypassato la necessità di un’udienza di comparizione personale dei coniugi, è indispensabile che la scatola vuota si riempia del contenuto della Pratica Collaborativa.

Negoziazione Assistita e Pratica Collaborativa a braccetto e potranno andare veramente lontano portando la famiglia, sostanzialmente e non solo fisicamente, fuori dalle aule di tribunale, in un contesto molto più adatto a risolvere il conflitto familiare, purché questo offra quelle garanzie di struttura, principi, competenze e capacità immaginate da Stuart Webb quando ebbe l’idea geniale di creare quel contenitore pieno che è la Pratica Collaborativa.

Per concludere: se è certo che la Pratica Collaborativa può funzionare benissimo anche senza servirsi del volano della Negoziazione Assistita (che le consente solo di non rivestire l’accordo delle parti con una “ratifica” di natura giurisdizionale), al contrario, la Negoziazione Assistita, così come è stata delineata dal nostro legislatore, non ha gambe sufficientemente forti per reggersi in piedi da sola.

Categoria: Articoli di approfondimentoTag: Attualità, Legge, Metodi di separazione, Negoziazione assistita

About Marcucci Carla

Sono un avvocato con oltre trentacinque anni di esperienza ed esercito la professione esclusivamente nel settore del diritto delle persone, delle relazioni familiari e minorile.
Sin dall’inizio della professione ho molto creduto nelle modalità non contenziose di risoluzione dei conflitti a cominciare dalla mediazione familiare alla quale mi sono formata dai primi anni ‘90.
Dal 2010 sono formata anche alla Pratica Collaborativa e da allora sono particolarmente impegnata nella promozione e diffusione in Italia di questo nuovo metodo di risoluzione dei conflitti nell’ambito dell’attività svolta all’interno dell’AIADC Associazione Italiana Professionisti Collaborativi di cui sono socia fondatrice, Past President e formatrice dopo esserne stata presidente nel biennio 2016/2018.. Sono co-autrice del primo manuale pubblicato in Italia sulla Pratica Collaborativa dal titolo La Pratica Collaborativa -Dialogo fra teoria e prassi a cura di Marco Sala e Cristina Menichino, Torino, 2017.
Dal 2010 sono socia dell’International Academy of Collaborative Professionals (IACP), ho partecipato alle sue commissioni di lavoro, alle sue conferenze internazionali a cadenza annuale ed alcuni miei articoli sono stati pubblicati sulla rivista dell’IACP The Collaborative Review. Mi sono formata alla negoziazione basata sugli interessi frequentando i corsi organizzati dal Program on Negotiation (PON) dell’Harvard Law School a Cambridge USA, a Milano (PON Milan), online (ad esempio, Getting to Yes with William Ury’s BB3 Strategy PONx program , One-Day Expert Programs) oltre che frequentando in Italia, all’estero ed online altri corsi tenuti da professori dell’Harvard Law School (fra gli altri, Gary Friedman, Joshua Weiss, David Hoffman).
Sono stata componente del Consiglio Direttivo Nazionale dell’Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i minori (AIAF) dalla costituzione dell’associazione, avvenuta nel 1993 sino all’aprile 2019.
Sono stata Presidente dell’AIAF Toscana dal 1993 all’aprile 2004 nonché componente del suo Consiglio Direttivo sino all’aprile 2014. Sono stata componente del Comitato Scientifico dell’Alta Scuola di Formazione dell’AIAF, con sede principale in Milano e varie sedi distaccate in Italia, dalla costituzione al febbraio 2020 nonché componente del corpo docenti.
Nella mia lunga vita professionale ho sviluppato specifiche competenze ed esperienza nella gestione delle controversie familiari, sia in via negoziale che contenziosa, implicanti complesse questioni di carattere economico/patrimoniale, impegnativi problemi relativi al regime di affidamento, domiciliazione e frequentazione dei figli (ad esempio, casi di alienazione genitoriale, trasferimento di un genitore all’estero con richiesta di condurre con sé i figli, problemi di attuazione nella frequentazione di uno dei genitori e molti altri ancora).
Mi sono molto occupata di rappresentanza e difesa delle persone minorenni, sia da un punto di vista pratico che teorico (curatore speciale, tutore e avvocato del minore).
Sono una convinta sostenitrice della funzione sociale dell’avvocatura e sento fortissima la passione per questa professione che esercito, prima ancora che come un lavoro, come impegno prioritario nella vita.
Per maggiori informazioni sul mio percorso formativo e professionale e su come lavoro rinvio al mio sito web carlamarcuccifamilylaw.it.

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